Denaro al femminile: un sistema al contagocce

Nelle principali banche Italiane, il 50% del personale è donna. Ma per imprenditrici e nuove imprese, più diffidenza e meno credito.

I dati degli otto principali istituti bancari italiani mostrano un esercito di donne al servizio del credito, con il personale femminile che ha ormai raggiunto il 50% del totale: ma è l’atteggiamento negativo del sistema creditizio nei confronti delle imprese femminili, e in generale delle nuove imprese, il dato che emerge dal test svolto tra professioniste e imprenditrici, che operano in posizioni o in settori significativi nel Nordest, ed aderiscono all’ “Osservatorio Professione Donna”.

I primi otto istituti presenti in Italia contano 115.000 dipendenti, di cui 57.000 donne, circa il 50%. Ma nelle posizioni top, ovvero Presidenti, Direttori Generali e Consiglieri di Amministrazione, si registrano solo 13 presenze femminili contro i 119 uomini (le donne ai vertici sono meno del 10% del totale). Tale valore è ben lontano da quello sancito dalla normativa sulle “quote rosa”, entrata in vigore nel luglio 2012: la norma prevede un 20% di posizioni da assegnare a “manager in gonnella” nei Consigli di Amministrazione delle società pubbliche e delle quotate. In questo insieme non rientrano le Banche, che tuttavia non possono prescindere dal patrimonio di clientela al femminile che approccia il mondo del credito e del debito. Ma questa scarsa rappresentatività di signore ai vertici incide sui servizi alla clientela? Secondo le donne dell’Osservatorio sì: per il 50% delle intervistate, l’atteggiamento degli istituti nei confronti delle imprese femminili, in particolare nelle giovani imprese, è peggiore rispetto a quello riservato alle realtà maschili. Per il 25% del test, le condizioni del credito per le donne sono comunque meno favorevoli rispetto a quelle degli uomini. La situazione è più equilibrata nell’assistenza sui prodotti di investimento: uguale per il 62%, peggiore rispetto agli uomini per il 25%, ma migliore per il 12.5%.
Un giudizio schierato al femminile, ma non di parte: dal sondaggio emerge che la qualità del personale femminile è la stessa per il 62,5% delle intervistate, e migliore di quella maschile per il 25%.

Si conferma dunque la tendenza più volte evidenziata dalle analisi economiche: le donne, spesso più performanti degli uomini nella formazione e nella professione, faticano a sfondare il “soffitto di cristallo”; talvolta sono escluse, talvolta si autoescludono per dare spazio alla realtà famigliare, spesso ritenuta incompatibile con uno sviluppo importante di carriera.

Puntiamo dunque su quell’esiguo 10% di top manager alla guida delle istituzioni bancarie per accrescere una cultura meritocratica ed un ragionato e ragionevole flusso di “denaro al femminile”. Dove donna fa rima con impresa i risultati non mancano.

Tratto da: Dentrocasa febbraio 2014

http://www.principeditore.com/rubriche/economy/denaro-al-femminile-un-sistema-al-contagocce-febbraio14/#!/