Una delle parole chiave che ricorre nel linguaggio dei tecnici e dei media e si declina in molti ambiti è la sostenibilità. Si parla di ambiente, business e bilanci sostenibili, ad evidenziare caratteristiche e tendenze che si preservano, si consolidano e addirittura migliorano nel tempo.
Si parte dall’agricoltura, i cui terreni sani consentono di realizzare prodotti genuini. L’Agenza Onu 2030 delinea, fra gli altri, proprio questo obiettivo strategico: la sostenibilità in materia agroalimentare, che si declina lungo la catena del valore, in tutte le diverse fasi, dalla terra al packaging, dalla conservazione al consumatore finale.
Investire nell’agricoltura bio-rigenerativa permette di garantire la salute del territorio, dei pascoli, delle coltivazioni, in un concetto di circolarità che sia affianca a quello di efficienza. La rinuncia alla chimica e agli additivi consente, oltre al rispetto dell’ambiente, risparmi di spesa che vengono destinati a strumenti di monitoraggio quali i sensori elettronici di umidità ed anidride carbonica.
Si minimizzano dunque gli effetti economici, ambientali e sociali negativi che l’agricoltura convenzionale porta con sé, e - con la coltivazione del biologico - si possono preservare i vari cicli nutritivi, quale il ciclo dell’azoto, che si susseguono normalmente in un suolo “sano”, privo di fertilizzanti e di sostanze artificiali.
Dal suolo alla tavola, il passo però non è breve: la filiera agroalimentare è davvero complessa e produrre gli alimenti che consumiamo comporta l’utilizzo del gas serra e di ingenti risorse idriche. Numerosi sono gli sprechi e le inefficienze da ottimizzare nel corso e alla fine del processo; si calcola che in Europa ogni anno finiscono tra i rifiuti oltre 88 milioni di tonnellate di cibo, parte durante la produzione, il trasporto e la commercializzazione, parte nelle nostre case, dove un minimo di pianificazione consentirebbe di minimizzare queste ingenti perdite e migliorare abitudini e ambiente circostante.
Il problema va risolto non pensando alla decrescita felice del passato, fra civiltà contadina e monocoltivazioni rurali, lontane dai centri storici e dall’industrializzazione, ma sviluppando strategie integrate fra produzione, distribuzione e consumo, applicando le nuove tecnologie e i meccanismi di riciclo e riutilizzo dei prodotti intermedi, ponendosi obiettivi precisi e ambiziosi, che garantiscono, il rispetto del pianeta in cui viviamo e, attraverso l’alimentazione sana, la migliore qualità di vita della popolazione.
Le istituzioni stanno ponendo grande attenzione al tema, e stanno stanziando consistenti fondi per la ricerca e l’innovazione del settore primario, sta a noi, ora, rivedere i consumi quotidiani, ciascuno nella propria individualità, per comporre un quadro più ampio, virtuoso e … sostenibile!
Tratto da: Dentrocasa luglio 2021