Golden power

Lo strumento, le condizioni, l’applicazione, la protezione dell’interesse nazionale
 
Ad inizio estate è balzato agli onori della cronaca uno strumento normativo poco conosciuto: il golden power.
 
Nasce nel 2012 sulle ceneri di un altro istituto giuridico, di origine britannica, detto golden share, istituito anche in Italia nel 1994: si tratta di poteri speciali che lo Stato si riserva nelle operazioni di privatizzazione di una società pubblica, quali la destinazione di una quota azionaria allo Stato stesso, il diritto di veto in alcune decisioni strategiche e la destinazione di alcune nomine del Consiglio di Amministrazione.
 
La Corte di Giustizia Europea ha avviato nel 2009 una procedura di infrazione, ritenendo la golden share uno strumento che viola i principi di libera circolazione dei capitali.
 
Nel nostro Paese, dunque, per ovviare a questi limiti imposti dal legislatore europeo, oltre 10 anni fa si introduce il golden power, “potere aureo” che consente al Governo di tutelare settori, aziende e prodotti strategici, nell’interesse della Nazione.
 
La legge 56/2012 “Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni” stabilisce che lo Stato può determinare particolari condizioni all’acquisto di partecipazioni anche nelle aziende private o porre il veto ad operazioni straordinarie, ritenute lesive degli interessi della collettività.
 
Nel tempo l’elenco dei settori strategici si è ampliato, includendo i servizi di comunicazione elettronica, gli ambiti finanziario, creditizio, assicurativo, la gestione delle acque, i trasporti, la salute, la sicurezza alimentare, l’intelligenza artificiale, i semiconduttori, la cybersecurity.
 
Dal 2012 al 2020, su circa 800 operazioni sottoposte al vaglio del golden power, in soli 42 casi il Governo ha esercitato i poteri speciali: 24 operazioni societarie e 18 stipule di contratti relativi alla tecnologia “5G”.
 
Due sono stati i casi aziendali più recenti che hanno fatto parlare di sé: nel 2021 il Governo Draghi ha esercitato il “potere aureo” per bloccare l’acquisizione del 70% di un’azienda lombarda (circa 70 dipendenti e 20 milioni di euro di fatturato annuo), produttrice di semiconduttori – prodotti strategici di filiera destinati soprattutto al mercato automotive e all’informatica – da parte di un’azienda di proprietà dello Stato cinese; secondo i dettami, potrà essere oggetto di cessione solo una quota di minoranza di questa impresa.
 
Da una piccola azienda ad una multinazionale del made in Italy: a giugno 2023 è il turno di Pirelli; il Governo applica i poteri speciali, prescrivendo regole a tutela degli asset strategici aziendali, rappresentati in particolare da alcuni sensori impiantabili negli pneumatici. Questi sensori raccolgono i dati del veicolo, registrano gli assetti viari, la geolocalizzazione e lo status delle infrastrutture.
 
Tali dati complessi possono essere elaborati, alimentando gli assetti delle Smart City, violando la privacy degli utenti e potenzialmente minando la sicurezza del Paese.
 
Pirelli vede dunque ridefinita dall’intervento statale la propria Governance; si conferiscono maggiori spazi di azione alla compagine azionaria italiana, chiamata alla nomina dei vertici aziendali, a monitorare l’accessibilità alle informazioni, ad istituire una unità organizzativa autonoma per la sicurezza.
 
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy è competente per il monitoraggio dell’implementazione di tali misure.
 
Gli evidenti vantaggi nell’esercizio di tali prerogative da parte dello Stato, ovvero la tutela del nostro patrimonio di imprese, brevetti, tecnologie, risorse, devono essere, di caso in caso, soppesati con il contesto interno ed esterno. Alcune aziende, competitive nel mercato internazionale, aprono i propri capitali ad investitori stranieri proprio per garantire la sussistenza dell’impresa e per rafforzare la propria quota all’estero, e limitazioni stringenti potrebbero frenare investimenti ed internazionalizzazione.
 
Scelte strategiche lungimiranti e strumenti normativi robusti, ad ogni modo, indirizzano il Paese, le imprese, i lavoratori, in modo concreto e positivo, nell’intento di identificare e proteggere settori e nicchie profittevoli, che sostengono nel tempo la leadership e il successo dell’ “italianità”.
 
 
 
Tratto da: Dentrocasa settembre 2023