Nel lungo testo del PNRR, il Piano Nazionale di ripresa e resilienza, che dovrebbe rilanciare nel quinquennio 2021-2026 gli investimenti nel nostro Paese, si legge: “Anche quando lavorano, le donne risultano più penalizzate rispetto agli uomini, a partire dallo stipendio percepito e dalla precarietà lavorativa. Sono meno le donne che ricoprono posizioni apicali, nel privato così come nel pubblico. A questo corrisponde una disparità salariale a svantaggio delle donne, a parità di ruolo e di mansioni rispetto agli uomini.”
Il Piano afferma dunque che “la mobilitazione delle energie femminili, in un’ottica di pari opportunità, è fondamentale per la ripresa dell’Italia”.
Si rilevano alcuni dati noti: il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è del 53,1% nel BelPaese, inferiore al 67,4% della media europea; la maternità impedisce l’avanzamento professionale e la quota di autonomi, imprenditori e professionisti, sul totale degli occupati è pari al 7,1% degli uomini e al 3,5% delle donne.
Un 8 marzo, dunque, pieno di contraddizioni: tutti gli indicatori che attestano la salute professionale per le donne sono al ribasso, nonostante le linee guida normative da anni abbiano introdotto le quote rosa e nonostante la parità di genere sia uno degli assi strategici nel Piano nazionale che ci accompagnerà nei prossimi anni.
Fra le misure più significative, per non costringere le signore a scegliere fra maternità e carriera, vi sono i nuovi meccanismo di reclutamento e promozione nella Pubblica Amministrazione, gli investimenti in banda larga e connessioni veloci che consentano anche all’imprenditoria femminile di ampliare il proprio mercato, il potenziamento di settori ad elevata presenza di occupate quali l’alberghiero, la ristorazione, le attività culturali; da segnalare anche il sostegno alla rete di servizi educativi dedicati alla prima infanzia e al network di assistenza domiciliare e di servizi di prossimità, così da ridurre gli oneri di cura, spesso appannaggio delle donne.
Benvenute, dunque, queste nuove concrete misure che si auspica diano nuovo vigore all’occupazione e alla professionalità delle signore, permane tuttavia un diffuso sentimento di rassegnazione e sfiducia, alimentato dal protrarsi dell’evento pandemico, anche fra i profili femminili più scolarizzati: è necessaria una iniezione di fiducia, affinchè la partecipazione delle donne al mondo del lavoro sia piena, convinta e di stimolo per la società e l’economia del Paese.
E’ la donna la responsabile degli acquisti per il sistema familiare, può dunque distinguere con prontezza prodotti e servizi vincenti anche nel mondo aziendale, con un senso pratico ed un’attitudine al multitasking affinata nelle generazioni.
E’ fuorviante, in questo contesto, parlare di leadership al femminile, connotando sfumature, diverse per genere, di un termine che significa buona gestione, equilibrio, solidità e capacità di guidare persone ed eventi. Personalmente non ho dubbi: sono caratteristiche innate dell’universo femminile, senza necessità di rafforzativi.
Tratto da: Dentrocasa marzo 2022