Nel mese di aprile si è tenuta a Verona la nota fiera del Vinitaly, che ha registrato quest’anno numeri da record: 140 i Paesi espositori, per un totale di 4 mila produttori e centinaia di importatori; 97.000 i visitatori (oltre 30.000 stranieri, con prevalenza degli statunitensi, quasi 4 mila), sempre meno curiosi e sempre più addetti ai lavori, considerando il rilevante aumento del prezzo del biglietto d’ingresso alla storica manifestazione, giunta alla sua 56esima edizione.
Il settore vinicolo nel suo complesso produce 45,2 miliardi di euro, corrispondente all’1,1% del PIL. Per confronto, pensiamo al settore dello Sport - incluso il calcio - che globalmente in Italia realizza l’1,3% del PIL.
I prodotti made in Italy vengono esportati principalmente in Europa (41%), negli Stati Uniti (28%), nel Sudest asiatico - mercato in potenziale crescita - per il 6%.
L’indotto ha un peso rilevante; si calcola che ogni euro di vino realizzi 4 euro di produzione accessoria: dal packaging alla pubblicità, dai trasporti alle certificazioni, vi sono migliaia di aziende e studi profess ionali che collaborano con aziende del settore.
Fra le Regioni italiane, al primo posto per produzione c’è il Veneto (non a caso il Vinitaly è ospitato a Verona, terra dell’amarone), seguito da Puglia, Emilia-Romagna, Sicilia e Abruzzo; i vini bianchi hanno raggiunto quota di mercato del 62%, in netta crescita soprattutto le graditissime “bollicine”, le cui esportazioni sono più che raddoppiate, grazie anche al trend degli eventi in netta ripresa; il 25,5% è rappresentato dai vini rossi e il 2,8% dai rosè.
Fra le tendenze che si registrano, ve ne sono due che risultano più diffuse e ad elevato potenziale.
La prima è l’enoturismo, che coinvolge il 64% dei viaggiatori italiani (circa 13 milioni), con impulso anche da parte dei turisti americani ed europei. Più in generale, i trend di turismo slow, la valorizzazione dei borghi e delle mete di nicchia e non di massa, le ricette e gli ingredienti locali trainano l’enogastronomia in tutte le sue declinazioni; il vino rappresenta un classico corredo ad un pasto di qualità ma anche un prezioso oggetto da regalare al termine di una vacanza.
L’altra tendenza - poco gradita agli intenditori - promuove il vino “low alcohol”. Il vino dealcolato, già autorizzato in alcuni Stati europei, può rappresentare uno sbocco interessante di mercato, con target quali le giovani generazioni e i Paesi con particolari culture religiose e retaggi culturali. Si stima infatti una crescita dell’8% annuo di tale segmento, anche considerando che il 50% della popolazione non consuma bevande alcoliche.
Come per tutti i prodotti alimentari non deperibili, la vendita di vino si sta spostando dai luoghi fisici all’online. Questo è un vantaggio soprattutto per le piccole cantine, che possono raggiungere più clienti nel Mondo. E’ un tema positivo anche per quanto riguarda i consumatori, che hanno spazi di ricerca e di acquisto di prodotti di ogni tipologia e provenienza.
Trasversalmente si parla di vinicoltura sostenibile, ad indicare l’intero processo di agricoltura biologica. Coltivare l’uva in modo armonioso con la natura significa non utilizzare pesticidi, erbicidi, fertilizzanti; sul piano del marketing, le collaborazioni dei produttori vinicoli spaziano da nutrizionisti, a chef, da sportivi a operatori del benessere.
Le aziende di settore stanno ad ogni modo ringiovanendo, per la presenza di una nuova generazione di imprenditori under40, volti nuovi di storiche aziende di famiglia o ragazzi che hanno investito su un progetto dalla vigna alla bottiglia.
Innovazione e tradizione rimangono dunque salde bandiere per questo settore, che prospera e si profila positivamente per il futuro. Eleganza nel prodotto e nel modo di porgere distinguono il vino italiano, patrimonio fondamentale sia in termini di lifestyle sia sul piano del business.
Tratto da: Dentrocasa giugno 2024