Famiglia e impresa: binomio (ancora) vincente?

Tempo di Bilanci e prospettive per le aziende familiari italiane, fra crisi e rilancio
 
E’ consuetudine pensare al tessuto industriale italiano citando i grandi nomi del lusso, dell’alimentare, della moda, che hanno reso celebre a livello internazionale il BelPaese. Ma la nostra economia è permeata e sorretta soprattutto dalle piccole medie imprese, che fanno fronte, anche oggi, alla crisi post emergenza, rispolverando i motivi che ne hanno delineato il successo: i solidi valori, il forte legame col territorio, la partecipazione attiva della proprietà e delle maestranze, l’approccio lungimirante, una catena di comando corta, forte e snella, un passaggio generazionale delineato nel medio-lungo periodo. 
 
Non possono mancare, in questo contesto, la propensione all’innovazione ed un invidiabile approccio rivoluzionario, in grado di generare performance mediamente superiori alle aziende concorrenti a gestione manageriale.
 
I numeri sono molto chiari: le imprese familiari con fatturato superiore a 20 milioni di euro rappresentano il 65% del totale delle aziende di analoghe dimensioni, per un giro d’affari complessivo di 730 miliardi di euro annui e 2,4 milioni di occupati. Complessivamente l’85% delle attività produttive e di servizi del nostro Paese è riconducibile a famiglie imprenditoriali, esprimendo anche un alto tasso di longevità, nel susseguirsi delle generazioni.
 
Sono aziende in crescita (+47% medio negli ultimi 10 anni, verso il 37% delle altre tipologie di imprese) e che generano costante occupazione (+20% negli ultimi 6 anni), arrivando a pesare per il 40% del prodotto interno lordo italiano.
 
I dati sono analoghi a quelle delle altre economie europee: le imprese di famiglia francesi e inglesi sono l’80% del totale, quelle tedesche addirittura il 90%. Una notevole differenza si registra però nell’approccio gestionale: il 66% delle aziende familiari italiane presenta management tutto di famiglia, mentre all’estero è assicurata la netta divisione fra proprietà e dirigenza aziendale (in Francia il 26% dei manager sono di famiglia, e solo il 10% nel Regno Unito). Si evidenzia dunque il punto di debolezza delle nostre piccole medie imprese, poco propense all’apertura del capitale o alla condivisione delle scelte strategiche con professionisti e dirigenti, spesso afflitte da conflitti familiari e indotte a rinunciare alla crescita per evitare interferenze esterne nella gestione operativa.
 
Mediamente fragili sul piano patrimoniale, le PMI necessitano di interventi economico-finanziari strutturali, da parte delle istituzioni, nazionali e locali, e del sistema bancario: ad oggi gli strumenti sono esigui, e difficilmente fruibili, ma la vivace imprenditorialità nostrana merita un’attenzione ed un sostegno particolari, per poter continuamente generare e diffondere, nel nostro Paese e nel Mondo, eccellenza, bellezza e speranza.
 
 
 

Tratto da: Dentrocasa settembre 2020