Medici e pazienti SMART

Digitalizzazione e finanza si aprono al mondo sanitario, accorciando le distanze e semplificando la comunicazione.
 
Da alcuni anni si parla di telemedicina, ritenendola una frontiera pionieristica, sia nel concetto sia nelle sue applicazioni.
 
Il tema è tornato di attualità in tempi di Covid, quando gli spostamenti sono stati limitati e le strutture mediche sono state fortemente sotto stress: come la didattica a distanza o lo smart working, sarebbero stati utili dei collegamenti efficaci fra sanitari e pazienti, limitando i rischi di contagio e assicurando monitoraggi efficaci e risposte rapide alle problematiche del paziente.
 
In realtà la storia della telemedicina non nasce di recente, risale infatti al 1906, ben prima dell’avvento dei cellulari, dell’web e dei social, e si riferisce all’introduzione dell’elettrocardiografo. La disciplina viene quindi applicata, a partire dagli anni ’60, per la valutazione dei parametri vitali degli astronauti statunitensi, durante le loro missioni. Solo negli anni ’90 sono iniziati i veri e propri consulti medici a distanza, estendendo il sistema alla valutazione della terapia, alla riabilitazione, al monitoraggio dei parametri quali il diabete e la pressione arteriosa in pazienti cronici.
 
La telemedicina naturalmente non sostituirà mai la relazione medico-paziente né le classiche prestazioni sanitarie, ma queste possono essere rese più smart, semplificando il lavoro del medico e migliorando la qualità di vita del paziente.
 
Secondo Fortune, questo è un business a tasso di crescita medio annuo del 25%, guidato dall’aumentata aspettativa di vita e dall’incidenza di patologie croniche, che si possono assistere senza ospedalizzazione: nel 2019 il mercato glocale della telemedicina valeva 61,4 miliardi di dollari, e si prevede un giro d’affari complessivo i 383 miliardi di dollari nel 2027. Un fattore critico di successo è la sempre maggiore attitudine dei pazienti nell’utilizzo quotidiano di strumenti tecnologici e digitali.
 
La telemedicina è anche un tema fondante anche nella Missione 6 del PNRR: il Piano Nazionale 2021-2026, su cui si basano le aspettative di rilancio del Paese, prevede lo stanziamento di 7 miliardi di euro per trasformare la casa nel primo luogo di cura e per ottimizzare il fascicolo sanitario elettronico, che integra e rende immediatamente fruibile l’anamnesi completa di ciascun paziente.
 
In questo contesto va inquadrato non solo l’investimento in strumentazione tecnologica, ma anche l’organizzazione delle cure domiciliari e la formazione degli operatori sanitari: si stima oggi che solo il 40% dei medici utilizzi quotidianamente gli strumenti tecnologici di base, e la percentuale decresce se si parla di chirurgia robotica o di intelligenza artificiale. La cultura organizzativa decentrata ospedale-territorio e l’alfabetizzazione digitale dei sanitari sono dunque prerequisiti da strutturare in vista di una massiva introduzione, sia nei sistemi pubblici sia in quelli privati, della telemedicina, consapevoli che il futuro ci viene incontro in modo accelerato, attraverso le nuove frontiere del benessere e della salute, distanti quanto un click.
 
 
 

Tratto da: Dentrocasa novembre 2021