L’arte di riorganizzare

In azienda e negli enti pubblici, regole e prassi nei progetti complessi di riorganizzazione
 
Nei cambi al vertice e nei momenti di svolta delle aziende e degli enti pubblici, vengono avviati progetti complessi di riorganizzazione interna.
 
Si mettono in discussione ruoli, processi e responsabilità, nell’ottica di migliorare le performance economiche e di ridefinire una struttura organizzative più snella, efficace ed efficiente, in grado di perseguire obiettivi di breve e di lungo termine.
 
Le riorganizzazioni talvolta sono drastiche e “calate dall’alto”: i nuovi vertici esaminano dati e organigrammi sulla carta e ridefiniscono le strutture e le nomine dei manager. Tale modalità ha indubbiamente il vantaggio della rapidità di azione, ma non consente la condivisione di intenti con i vari livelli dell’organizzazione.
 
Le riorganizzazioni che maggiormente funzionano e riescono, nel tempo, a rinnovare in modo positivo la struttura aziendale sono invece condotte con tempistiche un po’ più lunghe e con modalità condivise. Solitamente il progetto viene supportato da un team di consulenti esterni, cui è affidato il compito di coinvolgere – in più colloqui individuali o in piccoli gruppi – la prima e la seconda linea dirigenziale, nonchè i cosiddetti “key people”, persone che per storicità ed autorevolezza risultano punti di riferimento importanti sia dal punto di vista delle competenze specifiche sia nell’orientare i gruppi di lavoro.
 
I colloqui permettono di evidenziare la situazione organizzativa “as is”, ed in particolare le problematiche connesse a processi duplicati, colli di bottiglia, incerte attribuzioni di responsabilità. Il documento di analisi può essere illustrato al vertice amministrativo, al fine di raccogliere indicazioni e spunti per il disegno successivo, “to be”.
 
In linea generale, in questi incontri - in particolare se svolti con un consulente terzo - nascono grandi opportunità: problematiche organizzative che sono sempre rimaste sullo sfondo possono emergere ed essere affrontate in modo scientifico, con dati a supporto, ed essere risolte secondo criteri razionali ed innovativi.
 
La mappatura di processo va naturalmente affiancata alla valutazione del personale, in termini di competenze tecniche e manageriali, possibilità di crescita, allineamento agli standard e ai valori dell’azienda o dell’ente in fase di rinnovamento.
 
La proposta di riorganizzazione può dunque poggiare su basi più solide e durature: è impensabile accontentare tutte le istanze ed esigenze dei singoli manager o degli operatori, ma il ridisegno complessivo - se condiviso - risulta indubbiamente più organico, fruibile, attivabile in modo più strutturato e con maggiori probabilità di successo nel medio-lungo termine.
 
Le scelte nel “to be” delineano il nuovo organigramma (macrostruttura), le nuove funzioni aziendali con servizi e processi di dettaglio (microstruttura), e i mansionari specifici di tutte le nuove figure, responsabili ed operative.
 
Complessivamente la durata di tali progetti può variare fra sei e dodici mesi: è il tempo necessario allo studio dei dati, all’analisi di situazioni e proposte negli incontri individuali, alla ridefinizione di un quadro organizzativo più adeguato e risolutivo.
 
Il tempo successivo va dedicato al follow-up: le organizzazioni non sono entità immobili e stabili, ma in movimento e in sviluppo, sia sul piano degli organici sia sul piano delle attività, dei prodotti, dei processi da implementare e gestire.
 
Vanno dunque monitorati indicatori specifici che trimestralmente verifichino lo “stato di salute” della nuova organizzazione, sia in riferimento ai risultati economico-finanziari sia rispetto ai processi innovativi. Da monitorare con attenzione anche se il clima interno risulta collaborativo e se si può confermare un buon grado di benessere dei dipendenti nei team di lavoro.
 
Le riorganizzazioni sono dunque sfide da vincere, per superare momenti di empasse e di crisi. 
 
Prassi da evitare? Improvvisazione e imposizione.
 
 
 
Tratto da: Dentrocasa maggio 2024