Si conclude un 2016 che ha messo a dura prova il nostro Paese, scosso dalle calamità naturali, i terribili terremoti in Centro Italia, e la nostra Europa, colpita da attentati privi di spiegazioni e sgretolata dapprima dalla lunga coda della crisi greca, quindi dalla Brexit, che ha allontanato dall’Unione uno degli Stati membri di maggior peso sullo scenario internazionale.
In un contesto di grande instabilità e preoccupazione si può cogliere fortunatamente qualche nota positiva: unanime è l’apprezzamento per il made in Italy, tanto che il BelPaese risulta il secondo Paese occidentale – dopo la Germania – per surplus manifatturiero con l’estero.
L’Italia si piazza al primo, secondo e terzo posto su quasi un quinto dei prodotti in cui è suddiviso il commercio mondiale. A trainare le vendite sono in particolare i settori delle cosiddette quattro A: alimentare-vinicolo, abbigliamento-moda, arredo-design, automazione-meccanica-gomma-plastica, che rappresentano quasi due terzi del saldo attivo tricolore. I generi alimentari più ricercati sono: pasta, pomodori, carni di suino secche o affumicate, liquori, aceto, formaggi freschi o invecchiati, vino e fagioli freschi.
I nostri vicini europei, in primis Germania e Francia, guidano la domanda di questi prodotti della tradizione, ma le notizie più confortanti arrivano dagli Stati Uniti. Napoli e Modena sono fra le province più attive negli scambi commerciali verso il mercato a stelle e strisce per i prodotti da forno e caseari, Salerno per la frutta e gli ortaggi conservati, Parma e Sassari per gli alimenti lattiero-caseari, Firenze, Lucca, Grosseto, Milano e Perugia per gli oli vegetali ed animali, Trento, Asti, Verona, Siena, Treviso per i vini e le bevande.
Stabile invece il bacino occupazionale interno, con prevalenza nel 2016 dell’inserimento di profili tecnici e di giovani under 30, favoriti dagli sgravi contributivi previsti dalla legge e dai fondi europei Horizon 2014- 2020.
Altro segnale di impatto positivo è dato dalla presenza femminile in azienda: grazie alle recenti normative, ci si avvicina ad un 20% di donne nei Consigli di Amministrazione delle società pubbliche e delle quotate, ed in alcuni prestigiosi Albi professionali gli iscritti in gonnella superano i colleghi maschi.
Apprestiamoci dunque a tagliare il traguardo di questo 2016 di luci ed ombre, predisponendoci, con cauto ottimismo, ad un 2017 di rinnovato impegno nel business e nella professione, e soprattutto di auspicata serenità per i nostri orizzonti familiari.
Tratto da: Dentrocasa dicembre 2016