Sono 98.500.000 i link che appaiono sul motore di ricerca Google, alla parola “sostenibilità”.
Varie sono le connotazioni del termine, che negli ultimi anni è diventato di uso comune in molti campi. C’è chi la definisce un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità di quella futura di realizzare i propri. C’è chi ne identifica tre pilastri, indirizzati allo sviluppo ambientale, sociale, economico.
Nel mondo anglosassone si riassume il tutto nella sigla ESG: Environmental (ambiente), Social (società) e Governance (gestione e direzione).
Le organizzazioni aziendali ampliano il perimetro dei valori sostenibili, parlando di trasparenza e correttezza, responsabilità verso la collettività, tutela del contesto esterno e interno, adeguatezza degli investimenti e delle scelte economico-gestionali di lungo periodo.
Il concetto di “Bilancio di sostenibilità” viene introdotto nel 2001 dall’Unione Europea, che nel libro verde della Commissione lo definisce come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporto con le parti interessate”.
Nel 2007, il Ministero dell’Interno recepisce tale indicazione, affermando che “il bilancio sociale è l’esito di un processo con cui l’amministrazione rendo conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”.
Il documento differisce dal bilancio di esercizio, che presenta annualmente informazioni di natura economico-finanziaria, ed ha l’obiettivo di rendere noti agli stakeholders (ovvero ai portatori di interesse, quali clienti, fornitori, stampa, semplici cittadini) i risultati economici, ambientali, sociali ottenuti dall’azienda nell’ambito della propria attività.
Il decreto legislativo n. 254/2016 ha recapito la direttiva europea 2014/95, rendendo il bilancio di sostenibilità obbligatorio per le aziende quotate e del settore bancario-assicurativo, di grandi dimensioni (più di 500 dipendenti e più di 40 milioni di fatturato o più di 20 milioni di stato patrimoniale). Il legislatore italiano ha inoltre introdotto la possibilità di redigere la Dichiarazione non finanziaria.
L’obbligo normativo vale per circa 200 aziende italiane, le altre (di settori e dimensioni diverse) possono redigere il documento su base volontaria.
I paragrafi da rendicontare sono cinque: le misure adottate per la lotta alla corruzione attiva e passiva, per garantire il rispetto per l’ambiente, per gestire in modo corretto e responsabile le risorse umane, per valorizzare e sostenere il sociale e il territorio, per tutelare in linea generale i diritti umani delle generazioni attuali e future.
Il bilancio di sostenibilità e la dichiarazione non finanziaria, sia predisposti in via obbligatoria sia volontaria, sono soggetti all’iter di approvazione e di pubblicazione (deposito presso il Registro imprese e presentazione attraverso i canali istituzionali quali il sito web della società) previsti per il bilancio civilistico.
Redigere questo documento non è solo un esercizio burocratico, ma è un passaggio molto utile ai fini della comunicazione esterna, perché un’azienda trasparente e che si racconta, al di là dei dati e dei progetti tecnici, guadagna in termini di reputazione, credibilità e autorevolezza rispetto a clienti e fornitori, ma anche sul piano dei processi interni: consente di monitorare nel tempo le proprie performance, di attivare e attrarre investimenti innovativi, di ottimizzare i processi, motivare il personale, impegnato nelle rilevazioni di dati periodici, nel rispetto degli obiettivi e nel proporre opportunità di miglioramento.
Una fotografia a 360 gradi dei valori e del percorso aziendale, nel tempo, che coinvolge processi interni e comunicazione esterna e che - rispetto a tutte le altre modalità di rendicontazione - non guarda al passato ma espressamente al futuro.
Tratto da: Dentrocasa agosto 2023