Secondo appuntamento per l’Osservatorio Contract Logistics, promosso dalla Scuola di Management del Politecnico di Milano, per presentare i dati della sua consueta Ricerca svolta in collaborazione con Confindustria ed Assologistica.
In questo caso, per dissertare delle esperienze di innovazione lungo la supply chain, l’equipe del Prof. Gino Marchet si è portata nel cuore del Nordest, a Padova; e non poteva esserci teatro più indicato del Veneto, notoriamente patria dello sgroppino e dell’ombra (il bicchiere di vino in dialetto), per illustrare una filiera di logistica particolare quale quella del Beverage alcolico.
Dopo i saluti istituzionali di Anna Viel, Vice Presidente di Confindustria Padova, Paolo De Castro, Parlamentare Europeo, Renzo Sartori ed Alessandro Persona, docenti e ricercatori universitari, il focus del Direttore dell’Osservatorio, Gino Marchet, è appunto dedicato al settore del buon bere.
Sorridono i veneti, noti per apprezzare le qualità di questi prodotti, ma altrettanto coinvolti nella produzione di capolavori internazionali: il trevigiano è la patria del Prosecco DOC e DOCG (nel piccolo paese di Valdobbiadene operano ben 200 cantine), il veronese è la culla dell’Amarone, che trova in Valpolicella la sua consacrazione.
In questo quadro compatto ma frastagliato, per la presenza di numerose aziende di piccole dimensioni, l’Osservatorio milanese si è concentrato sui big del settore, intervistando 53 aziende italiane del Beverage alcolico con fatturato unitario superiore ai 50 milioni di euro, per un complessivo giro d’affari di 7,6 miliardi di euro.
Il comparto si suddivide in tre sotto-settori, differenti per gamma prodotti, per processo produttivo e di approvvigionamento, ma simili nell’approccio alla distribuzione commerciale, che per il 63% si rivolge al mercato estero: vino, birra, superalcolici sono in ordine crescente per ricorso all’Outsourcing logistico.
Oltre il 60% delle produzioni vinicole si avvale di magazzini propri, affidando ex-works il solo trasporto, anche oltreconfine, ai provider logistici. I produttori di birra utilizzano manodopera di terzi per le fasi di movimentazione e picking; si consolidano invece le partnership strategiche fra aziende che producono spirits e specialisti della logistica, che svolgono attività ad elevato valore aggiunto quali l’etichettatura, la definizione dei kit, la gestione del ciclo degli incassi anche nella commercializzazione verso Paesi con dazi, accise e regolamentazioni complesse.
L’Osservatorio del Politecnico riassume in un deciso 78% il grado di terziarizzazione delle aziende di questo comparto, con un’incidenza del 37% dell’outsourcing strategico.
A commentare questi numeri, una nutrita tavola rotonda di manager impegnati nel settore logistico di molte multinazionali made in Nordest, fra cui Matteo Miele di Benetton Group, Luca Neri di Mellin, Andrea Rabizzi di Cameo, Alessandro Badesso di Gruppo Basso; non mancano le filiali italiane delle grandi holding straniere, rappresentate in particolare da Chiara Busi di Bosch e Luca Masiero di Schneider Electric. Tutti concordi sul contenuto sempre più professionalizzante dei servizi logistici, fonte di redditività e di efficienza per le aziende, ma solo se sostenuti dalle ultime tendenze del digitale, con le App e l’e-commerce in pole position.
Tratto da: Ship2shore del 30 gennaio 2017