Lavoro: prendere o lasciare

Crescita italiana a zero nei consumi e nell’occupazione, e l’esodo verso opportunità estere lusinga i profili più formati.

La crescita “zero virgola” recentemente pubblicata dal Governo è stata a più riprese criticata dall’opinione pubblica, dalle imprese, dai media: impercettibile la ripresa dei consumi, insufficiente l’offerta di nuovi posti di lavoro. La mini-ripresa accompagnata dal Jobs Act si quantifica in 253.500 nuove assunzioni non stagionali nel primo semestre del 2015. Ancora una volta il paracadute occupazionale è dato dalle piccole aziende con meno di 50 dipendenti, vero fulcro del nostro tessuto imprenditoriale: inglobano il 65% delle nuove assunzioni. Il settore dei servizi la fa da padrone, impiegando quasi due terzi dei neoassunti, ed in particolare oltre 40.000 posti di lavoro si stabilizzano nel commercio (commessi, magazzinieri, impiegati), quasi 30.000 nei servizi alla persona (dalle badanti ai parrucchieri), oltre 26.000 nel turismo, ambito in cui tradizionalmente si accendono contratti stagionali. Il nostro Paese viaggia ancora a due velocità: pochissime le assunzioni al Sud e nelle Isole, continua l’emigrazione dei giovani meridionali. Un recente sondaggio condotto su 5.000 laureati residenti al Sud fa emergere un dato significativo: l’86% di questi giovani è disposto ad un immediato trasferimento in Italia o all’Estero, con il conseguente ulteriore impoverimento del territorio. Fra le ragioni dell’auspicato trasferimento, le migliori opportunità professionali altrove, le attività ed i contenuti del lavoro al Sud non in linea con le aspettative e la scarsa fiducia nelle istituzioni locali. L’inefficienza è presto individuata e calcolata: investiamo decenni in formazione, e poi regaliamo le nostre risorse migliori; all’emigrazione dei cervelli italiani non corrisponde l’ingresso di brillanti menti straniere. La maggior parte dei giovani guarda ai Paesi tedeschi o anglosassoni, che implementano piani concreti di stimolo e sviluppo dell’occupazione. Pensiamo al progetto “Earn or learn” (guadagna o lavora) proposto dallo Stato ai giovani britannici fra i 18 e i 21 anni: chi ha terminato o non intende proseguire gli studi e ancora non ha trovato lavoro deve frequentare un corso professionalizzante di 70 ore; se rifiuta, perde ogni diritto sui sussidi statali indirizzati ai non occupati. Gli stessi sussidi potranno essere sostituiti dall’obbligo di dedicarsi a lavori di utilità sociale, nell’ambito di un piano complessivo che prevede nel Regno Unito l’attivazione di 3 milioni di contratti di apprendistato entro il 2020. Meno tutele, ma più facilità nel trovare impiego e più vivacità nei contenuti professionali: le ricette estere attraggono i nostri connazionali di valore… una seria riflessione ed una attenta pianificazione sono d’obbligo!

Tratto da: Dentrocasa ottobre 2015